Erbe selvatiche

ERBE SPONTANEE E COMMESTIBILI CHE CRESCONO IN CALABRIA

                                            ERBE SPONTANEE E COMMESTIBILI

La raccolta di erbe selvatiche spontanee commestibili ci permette di riappropriarci del valore della natura ricordandoci che le coltivazioni sono arrivate soltanto dopo i nostri avi raccoglievano quel che il territorio nel quale vivevano dava loro senza necessità di coltivare.

Si possono scegliere erbe spontanee da mangiare crude, in insalate o scottate leggermente a vapore o magari aggiunte a farinate, frittate o zuppe e qualcuna si può sempre decidere di essiccarne foglie, fiori o semi.

Bisogna però fare molta attenzione in quanto non tutte le erbe selvatiche sono commestibili, alcune tossiche o assai velenose ed è bene riconoscerle quando sono fiorite.

Piante commestibili:

La cicoria selvatica

La bardana 

La carota selvatica

Il dente di leone o tarassaco 

La piantaggine (ne esistono tantissime specie diverse)

La borragine (Borago officinalis)

Finocchio selvatico

Malva = Marva (medicinale)

Cardelle selvatiche

Martgherita pratolina

Marghrerita viola

Asparago selvatico

Ortica

Felce

Spinacio selvatico e altre

 

Una delle verdure importanti per i calabresi è la “Borragine” anche se non è apprezzata in tutte le zone della Calabria.

La borragine: si mangia bollita a minestrina La borragine è tonica, diuretica, espettorante, antinfiammatoria, antifebbrile, sedativa, antidepressiva, diaforetica, emolliente, leggermente lassativa e perfino galattogena, sia consumata nei pasti quotidiani che sotto forma di olio essenziale.

L’etimologia del suo nome è piuttosto oscura: potrebbe risalire al latino burra, una stoffa ruvida e pelosa come la pianta, oppure potrebbe derivare dal termine celtico borrach che significa coraggio, ma anche dall’arabo abou rach, che letteralmente vuol dire padre del sudore, riferibile forse alle sue proprietà di eliminazione delle tossine, ma in ogni caso il nome sottolineerebbe le proprietà benefiche di questa pianta conosciute da tempi antichissimi.

I Greci la usavano nel vino ma anche come rimedio per il mal di testa dopo una sbornia. E’ di Plinio, che la chiamava anche euphrosinum, invece la frase Ego borago, gaudia semper ago e in essa individuava la famosa nepente di Omero, di cui ci si cibava per conquistare oblio e spensieratezza e per scacciare i cattivi pensieri.

Anche Marziale racconta di alcune ricette a base di foglie e fiori di borragine capaci di rallegrare il cuore e si narra che Poppea, per sedurre i suoi uomini, preparasse personalmente una crema squisita, a base di ricotta mescolata ai fiorellini blu.

I gallesi la chiamavano llawenlys, allegria, la utilizzavano anche per le decorazioni floreali dei matrimoni, i celti invece borracch, coraggio, e, bollita nel vino, ne traevano una bevanda che davano da bere ai guerrieri prima della battaglia.

Dal Medio Evo in poi la borragine entra a far parte a pieno titolo delle piante medicamentose e arriva via via fino a noi. Le nostre nonne la usavano in decotti per curare febbri e disturbi nervosi e per aumentare la montata lattea delle puerpere e naturalmente in cucina, per preparare buoni e salutari piatti.

Raccogliete quindi l’erba dell’allegria, solo se siete sicuri di riconoscerla o con l’aiuto di un esperto, in luoghi lontani dalle strade. Ricordatevi che è bene consumarla cotta, eventualmente i fiori e le foglie più tenere si possono mangiare crudi ma non in grandi quantità. Le foglie lessate potete usarle esattamente come spinaci e bieta, da sole per le salse o come base o ripieno di pasta, focacce, frittate e frittelle.

I fiori i fiori si possono fare canditi o metterli nelle vaschette del ghiaccio per farne dei bellissimi cubetti o farne delle meravigliose frittelle blu. Se poi dovete affrontare una situazione difficile, seguite il caro vecchio Plinio: mettetene qualcuno in un bicchiere di vino e bevete