Scilla

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SCILLA PASSATO E PRESENTE.

Secondo la mitologia greca, Scilla, passato e presente, era una ninfa marina che faceva il bagno,  in una piccola cala presso Zancle (l’odierna Messina); Circe, per gelosia, la trasformo in un mostro al posto delle gambe aveva sei teste di cane che latravano, e lunghe code di serpente. La storia è raccontata nell’Odissea e nella “Metamorfosi” di Ovidio.
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Secondo Palifato (storico greco), Polibio, (Polibio è stato uno storico greco antico. Studiò in modo particolare il sorgere della potenza della Repubblica romana, che attribuì all’onestà dei romani ed all’eccellenza delle loro istituzioni civiche e militari) e Strabone, (Scrittore greco 64 a.C.-18 a.C), il primo nucleo abitato di Scilla risalirebbe ai tempi della guerra di Troia.
In questa remota epoca si è soliti riconoscere nella penisola italica ondate di migrazioni di popolazioni ibero – liguri provenienti dal mare e dirette verso sud. Si ritiene dunque, che tali popolazioni, potrebbero aver fondato qualche villaggio lungo i terrazzamenti più bassi del crinale aspromontano sud-occidentale, digradante verso lo Stretto. Trattandosi di popoli di pescatori, presumibilmente elessero come area d’insediamento il sito adiacente la rupe centrale di Scilla, dove la presenza dei numerosissimi scogli agevolava la pratica della pesca, consentendo al tempo stesso la costruzione delle rudimentali capanne.
Tale ipotesi è in parte avvalorata dallo stesso Omero allorquando, nel descrivere Crataia come madre di Scilla, lascia intendere l’esistenza di uno stretto legame tra questa e la nascita del mito del Monstruum Scylaeum, da intendersi sorto ancora alla prima frequentazione umana del tratto di mare antistante l’odierna cittadina.
Dal momento che Crataia è da più parti identificata con il vicino torrente Favazzina, ancora ai tempi del Barrio chiamato fiume dei pesci se ne potrebbe dedurre che gruppi di popoli dediti alla pesca, giunti via mare lungo la bassa costa tirrenica, inizialmente siano approdati alla foce di questo fiume, dove era agevole praticare l’attività, e successivamente si siano spostati più a sud, trasferendo la propria residenza presso la costa scillese, più ricca di pesci.
In mancanza di precedenti testimonianze attendibili circa le epoche più remote, si è propensi a far risalire la prima fortificazione di Scilla agli inizi del V secolo a.C. allorquando durante la tirannide di Anassilao la città di Reggio raggiunse una notevole importanza, che le permise di ostacolare per oltre due secoli l’ascesa di potenze rivali.
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Strabone racconta che nel 493 a.C. il tiranno di Reggio, Anassila il giovane, per porre fine alle reiterate razzie perpetrate dai Pirati tirreni a danno dei commerci aperti dalla città con le colonie tirreniche, avesse mosso contro di loro con un forte esercito, sconfiggendo e scacciando i pirati da queste terre.
Per i Tirreni gli innumerevoli scogli e l’alta rocca caratterizzanti la costa scillese, costituivano un rifugio naturale ideale, luogo inaccessibile da cui dirigere redditizie scorrerie lungo le coste, nascondiglio sicuro per il bottino e baluardo di difesa contro eventuali controffensive nemiche.
  
Presumibilmente sorsero quindi contrasti e lotte tra i primi marinai e pescatori che avevano occupato la zona e i pirati Tirreni, alla cui bellicosità forse si deve attribuire la causa dell’arretramento dal mare dei pescatori, ostacolati dai pirati nella pratica su cui basavano il proprio sostentamento.Ciò spiegherebbe il trasferimento di residenza verso la zona alta di Scilla – l’attuale quartiere di San Giorgio – attuato da queste genti marinare, che si trasformano in agricoltori e cacciatori e mantengono poi attive le nuove pratiche fino all’età moderna.
Espertissimi nella navigazione, i Tirreni da inc                                  oontrastati padroni avevano dominato a lungo le rotte del Mediterraneo esercitando il proprio predominio soprattutto nello Stretto, grazie al presidio posto sulla rupe scillese, all’imboccatura del canale, presumibilmente fortificato. Più tardi però questi vennero sconfitti dai reggini, vittoria questa che segna un momento significativo nella storia di Scilla, considerata da Anassila un importante avamposto di controllo sulle rotte marittime. Mentre si assicura il dominio sul territorio circostante inglobando una nuova sezione del Chersoneso regino, nel tempo stesso Anassila ha cura di realizzare una stazione delle navi a Punta Pacì ordinando la costruzione di un porto dotato di un agguerrito presidio militare. L’opera di fortificazione dell’alto scoglio fu portata a termine dai successivi tiranni reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati, che combattono avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito a Monacena, verso Punta Pacì, un luogo inaccessibile dal lato opposto allo scoglio.
Baluardo della sicurezza dei reggini, la fortificazione di Scilla, dotata di approdo, è di fondamentale importanza per gli effetti del felice esito della guerra contro la pirateria, consentendo ai tiranni di Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei Tirreni sconfitti.
Agli inizi del II Secolo a.C. dopo la presa di Reggio, ad opera del tiranno di Siracusa Dionisio, che nel 386 a.C., aveva distrutto la flotta navale della città di stanza a Lipari e nel porto di Scilla, i pirati tirreni tornarono ad essere audaci e si reinsediarono sul promontorio scillese, dove ripresero a dedicarsi alla pirateria avvalendosi del preesistente porto fortificato, fino a quando, nel 344 a. C.,  il prode Timoleonte di Corinto, riuscì a sconfiggerli definitivamente.
Per quanto riguarda la successiva storia della fortificazione dell’imponente scoglio di Scilla, si ha testimonianza di come essa coincida con la storia delle vicende che hanno caratterizzato il reggino all’indomani della tirannide siracusana. 
In tarda età magnogreca lo scoglio scillese è una fortezza, conosciuta come Oppidum scyllaeum, successivamente potenziata nelle sue strutture militari durante l’età Romana, allorquando nel porto Oppidum costituiscono un funzionale ed efficiente sistema di difesa per i nuovi dominatori del Mediterraneo (epoca Romana cristiana età Bizantina).
L’importanza della Scilla latina cominciò a decadere all’indomani della conquista romana delle terre siciliane quando, dopo Reggio e Siracusa, Messina assurse al ruolo di nuovo caposaldo per il controllo dello Stretto.

Lo stato di abbandono in cui sembra trovarsi la fortezza di Scilla in tarda età romana, presumibilmente, dipende dal localizzarsi la stessa al di fuori degli itinerari terrestri percorsi dai barbari, durante le loro invasioni nel sud della penisola.
Costoro, infatti, nel loro “calare” a sud, utilizzano i tracciati viari romani rimasti agibili in quell’epoca di decadenza. Scilla, che non era allacciata alla Via Popilia, unica strada Consolare esistente lungo la costa tirrenica, rimane dunque estranea ai fatti essenziali del tempo.
Difatti la Via Consolare Popilia, nel tratto più meridionale del suo percorso non bordeggiava la costa, bensì risaliva verso l’interno passando per Solano e, superate le Grotte di Temusa, raggiungeva la statio ai Piani della Melia, dirigendosi poi verso Cannitello (ad Fretum) senza ripiegare verso Scilla. Ai primi Monaci basiliani gli storici attribuiscono la fondazione del Monastero e della chiesa di San Pancrazio tra l’VIII secolo d. C., fortificati per volontà della stessa Bisanzio, che aveva affidato ai Padri il compito di difesa delle coste dello Stretto.
In passato Paolo Ruffo fu il sesto Conte di Sinopoli (feudo che ricompra nel 1519, investito il 17-9-1520), acquista Scilla nel 1532 in cambio di Montebello al cognato; acquista la Baronia di Anoia con Regio Assenso del 20-10-1548. Sposa nel 1519 Diana Carafa Signora di Fiumara di Muro, Calanna, Torre di Calanna e del passo di Catona, figlia ed erede di Giovanni Cesare Carafa, Conte di Sinopoli e Signore di Fiumara di Muro. 
Le origini sono antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini alimentate per millenni dalla suggestività dell’ambiente naturale. Origini del nome Scilla: il toponimo scylla “cagna” richiama un misterioso mostro che sarebbe il responsabile di tempeste scatenatesi sul mare che determinarono la fine di molti naufraghi. Descritta da Strabone come uno scoglio simile a un’isola. Scilla mantiene tutt’ora i tratti di questo paesaggio. I suoi pochi abitanti furono degli abili navigatori e conoscitori delle rotte, notizia questa confermata da Girolamo di Stridone.