Santa Severina

SANTA SEVERINA E IL SUO CASTELLO

Il castello normanno di Santa Severina, in calabria, è chiamato anche Castello Carafa o di Roberto il Guiscardo, il re normanno che ne ordinò la costruzione nel XI secolo. L’imponente struttura si estende per 10.000 mq circa e domina sull’ampia valle del fiume Neto e le colline del Marchesato di Crotone, vicino a Crotone. È composta da un mastio quadrato e da quattro torri cilindriche che si trovano ai lati del castello; è inoltre fiancheggiato da quattro bastioni sporgenti in corrispondenza delle torri.

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La terra di Santa Severina non ha sempre avuto questo nome. Originariamente era conosciuta come Siberene. Popolazioni indigene, probabilmente appartenenti al ceppo degli Enotri, erano già presenti fin dall’Età del Bronzo e dall’Età del Ferro, per poi passare a popolazioni greco-italiche e successivamente romane. La zona fu abitata anche dagli Arabi, dall’840 all’885/86, diventando un Kastron, un complesso militare formato anche da edifici religiosi. Nell’ XI secolo, i Normanni, considerati barbari e guerrieri, avidi di ricchezze e potere, giunsero in Italia e furono reclutati come mercenari dai signori della zona, affinché difendessero il Meridione dai Saraceni. Il potere dei Normanni e le loro conoscenze sull’Italia aumentarono dopo essere stati al servizio dei Longobardi e dopo aver combattuto a fianco dei Bizantini. Siberene fu città bizantina fino al 1076, anno in cui Roberto il Guiscardo, il terzo figlio di Tancredi, ottenne l’investitura del Ducato di Calabria e di Puglia, che comprendeva il castello. Roberto il Guiscardo ordinò la costruzione del castello, sulla sommità di una rocca, da dove scendeva il borgo circondato da mura sicure e forti. Nel 1076, inoltre, il Guiscardo fece costruire un dongione, del quale solo in tempi recenti si sono potuti reperire i resti.

Dopo la Battaglia di Benevento (1266), il Regno di Sicilia fu conquistato da Carlo I d’Angiò il quale ordinò che Santa Severina e i suoi casali venissero incorporati nelle terre del demanio. Agli angioini è attribuito loro il merito di aver ammodernato il castello: costruirono i torrioni cilindrici e le quattro cortine murarie che delimitano il mastio, facendo sì che il castello, per la sua architettura possente, fosse paragonabile a una delle più massicce roccaforti europee di quel periodo storico. Nel 1444 Santa Severina vede l’avvento della dinastia degli Aragonesi e il potere nelle mani di Alfonso V d’Aragona, detto “il Magnanimo”, il quale concesse molti privilegi alla città grazie ad un diploma reale. Nello stesso periodo stava acquistando sempre più fiducia un giovane nobile, Andrea Carafa, discendente dei Caracciolo. La tirannia di Andrea Carafa fu pesante e insopportabile; la sua morte sopraggiunse nel 1526 e, per mancanza di prole, gli succedette il primogenito del fratello, Galeotto Carafa.

Con l’avvento di Andrea Carafa il castello subì una delle più imponenti opere di ammodernamento, di gran lunga superiore a quella degli angioini. Carafa fece costruire cinte fortificate intorno alla roccaforte angioina, il baluardo del belvedere , la costruzione di “merli tribolati” coronati e visibili sul fronte della muraglia delle marlature, presenti anche sullo stendardo e all figlio di Galeotto, Andrea, sono invece attribuiti piccoli lavori di completamento della muraglia della marlatura, e a Vespasiano, suo figlio, il completamento della muraglia nel tratto vicino alla porta nuova. Con la fine del dominio dei Carafa su Santa Severina, il feudo passò nelle mani della regia Corte.

Si dovrà aspettare il 1608, anno in cui il feudo fu trasferito a Vincenzo Ruffo, Principe di Sicilia. Dopo la morte di Domenico Sculco, avvenuta nel 1687, si estinse il diritto alla successione degli Sculco, a causa della mancanza di eredi. Il castello finì all’asta e venne aggiudicato alla nobile Cecilia Carrara, che lo trasferì nelle mani del figlio, Antonio Grutther. L’ultimo feudatario di Santa Severina fu Gennaro Grutther; quando venne abolita la feudalità il 2 aprile 1806 nel Regno di Napoli ad opera di Giuseppe Bonaparte, a Gennaro rimase solo il titolo di principe. A seguito della fine della fudalità, il castello e gran parte di Santa Severina passò sotto la giurisdizione della Chiesa, fino al 1860 anno di nascita del Regno d’Italia. Dopo l’abbandono dei Grutther si ha un buco di più di un secolo, in cui non si sa niente del castello. Dagli inizi degli anni ’30 del XX secolo, il castello ospitò il Ginnasio-convitto e grazie ai dirigenti del collegio il castello fu salvato dal lento degrado.

Si è potuto constatare che il castello costruito dai normanni, sorgeva proprio sopra l’acropoli della vecchia Siberene. Inoltre è stato trovato un vano cisterna di grandi dimensioni, coperto di volte a botte e un complesso ecclesiale articolato, risalente al periodo bizantino, periodo in cui il castello divenne un kastron, ossia un insieme di strutture (militare e religiosa) all’interno dello stesso edificio.

Il castello ospita il Museo di Arte Contemporanea Santa Severina, in cui sono esposti tutti i reperti ritrovati durante gli scavi archeologici assieme a materiali e collezioni archeologiche provenienti dal territorio limitrofo, come i bronzi di grande rilevanza risalenti al periodo protostorico XV-VIII sec. a.C.